Tristezza da “nido vuoto”
Tristezza da “nido vuoto”
Il nido familiare è come il nido degli uccelli. Quando i piccoli imparano a volare, volano via perché così è la natura, così è la vita. I genitori, quando i figli diventano indipendenti, devono fare i conti con l’assenza in casa del quotidiano affetto e dell’abitudine di prendersi cura di loro, quando quest’ultimi volano via per costruirsi il loro nido. Tuttavia, per alcuni, specialmente i genitori più affettuosi, può essere un periodo difficile di vuoto e tristezza, che può portare facilmente alla depressione se non si prendono le precauzioni giuste.
Tutti quei genitori che hanno avuto un enorme investimento emotivo nell’allevamento dei propri figli vederli lasciare il nido di famiglia può far sperimentare forti sentimenti di tristezza e di vuoto. Alcune madri a seguito della partenza dei figli da casa, sviluppano stati di tristezza simili a quelli del lutto. Tali stati possono sfociare anche in veri e propri stati depressivi.
I dati statistici riportano che questo momento è ritardato di quasi un decennio rispetto al passato, cioè l’uscita di casa dei figli, che vanno a vivere autonomamente con o senza un partner, si colloca nella maggior parte dei casi dopo i trent’anni.
Può quindi accadere che il momento in cui i figli lasciano la famiglia di origine vada a coincidere con il periodo relativo al pensionamento o alla menopausa-andropausa dei genitori. Due eventi stressanti, anche se naturali, si vanno sovrapponendo, con la possibilità di generare un aumento dell’ansia e dello stress percepiti. L’allontanamento dei figli dalla casa genitoriale è uno dei punti evolutivi importanti nell’arco di vita. In questo momento della propria vita i genitori devono in qualche modo ristrutturare la loro vita, gli equilibri familiari vengono destabilizzati. Per alcune donne questo è un periodo di crisi, soprattutto per quelle che identificano tutta la loro vita con il ruolo di madre.
Tutto però dipende da come si considera questo periodo, se lo si vede solo come un momento di perdita allora la reazione può non essere positiva. Se lo considera come un periodo di cambiamento che può portare nuovi contenuti positivi allora la reazione sarà ben diversa.
In genere le famiglie rendono possibile e facilitano il processo fisiologico di uscita di casa dei figli, mentre ciò può risultare problematico nelle cosiddette famiglie invischiate: per esempio se la presenza del figlio in casa è ciò che consente di eludere il conflitto tra i genitori allora l’abbandono del tetto da parte del figlio provocherebbe uno squilibrio che l’intera famiglia probabilmente non sarebbe in grado di fronteggiare. In alcuni casi è il figlio stesso a sviluppare un qualche tipo di problema, ad esempio un comportamento sintomatico o un fallimento nell’inserimento professionale, tanto da renderlo necessariamente bisognoso della famiglia ed impossibilitato a separarsene.
Quali sono, quindi, suggerimenti utili da poter dare ai genitori?
In primis, la consapevole accettazione che i figli dispongono di vita propria e di autonomia e che l’abbandono del nido, per motivi lavorativi o per presa decisione di andare a vivere con il partner, non va assolutamente a coincidere con l’interruzione dei legami con la famiglia né intacca questi ultimi, quanto piuttosto porta ad una “riorganizzazione” del rapporto genitore-figlio che deve diventare così, più adulto e paritario e che permetta di vedere ciascuna delle parti come individui autonomi, indipendenti e con le proprie necessità.
Generalmente quello che si suggerisce alle coppie che restano nuovamente sole, come quando erano senza figli, è di re-investire energie emotive e fisiche nella relazione di coppia: ad esempio si possono coltivare nuovi interessi o ci si dedica ad attività e viaggi, tutto ciò per ritrovarsi nuovamente come partener.
La sindrome in discussione spesso va intaccare relazioni di coppia ormai logore e problematiche dove l’uscita di casa del figlio non è che la perdita di ogni legame.
Infatti se, per questo tipo di famiglie restare uniti aveva un senso in presenza dei figli, anche se adulti, è facile che si possa andare incontro all’eventualità di una separazione nel momento in cui l’ultimo figlio ha deciso di lasciare il nido. In questo caso però incolpare l’indipendenza dei figli del fallimento della relazione è solo un processo patologico nonché improduttivo. Perciò per cercare di salvare le redini della relazione coniugale può essere utile pensare di intraprendere o una psicoterapia di coppia o in caso di decisa separazione, si può cercare di affrontare lo stress di questo evento, attraverso un aiuto individuale.